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Il Decreto Legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016, entrato in vigore il 6 febbraio 2016, ha introdotto disposizioni di depenalizzazione in attuazione della legge delega n. 67/2014, apportando delle sostanziali novità in ordine al regime sanzionatorio applicabile agli illeciti compiuti in materia di lavoro e legislazione sociale. In tale ambito la depenalizzazione, sostanzialmente, ha interessato due tipologie di reati:

  1. i reati puniti con la pena pecuniaria (art. 1, co.1 e 6), e quindi delitti e contravvenzioni sanzionati rispettivamente con multa e ammenda (ad esempio il distacco di lavoratori privo dei requisiti previsti dalla legge, oppure, la somministrazione illecita di prestatori di lavoro),
  2. reati puniti non solo con la pena pecuniaria ma anche con la reclusione (art. 3)(è il caso dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali); .

Sono espressamente esclusi dall’ambito di applicazione della depenalizzazione i reati contemplati dal D. Lgs. n. 81/2008, Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. I reati commessi in tale ambito, pur essendo puniti con la sola pena pecuniaria della multa e dell’ammenda, conservano natura penale e continuano, pertanto, ad essere perseguiti secondo la disciplina già in vigore.

Al fine di alleggerire il contenzioso giudiziario, dunque, con la depenalizzazione non costituiscono più reato, ma illeciti amministrativi, e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda.

 

Regime intertemporale

Il decreto legislativo n. 8/2016, prevede la retroattività del regime sanzionatorio, ossia l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie anche alle violazioni commesse prime del 6 febbraio 2016, data di entrata in vigore del decreto stesso, interessate da procedimenti penali non ancora definiti

Viene applicato, dunque, il principio tipico del diritto penale del favor rei, secondo il quale, se la legge in vigore al momento in cui è commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni diverse, si applica la legge più favorevole, ad eccezione del caso in cui il procedimento penale non sia stato già definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili.

In attuazione dello stesso principio, il decreto stabilisce, inoltre, che ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto, non può essere applicata una sanzione amministrativa pecuniaria per un importo superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato.

Si applicherà, dunque, la riduzione di cui all’art. 16 della L. n. 689/1981 il quale stabilisce che : “E’ ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione”.

Nei casi in cui non è previsto il suddetto regime vantaggioso, il decreto prevede la possibilità di applicare la sanzione nella misura pari alla metà di quella inflitta entro 60 giorni dalla notificazione.

Con un recente intervento, il Ministero del Lavoro ha chiarito che nelle ipotesi in cui la pena originariamente prevista era quantificata in misura proporzionale, come la fattispecie di somministrazione illecita, anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, la somma dovuta è pari all’ammontare della multa o dell’ammenda, ma non può in ogni caso essere inferiore a euro 5.000 nè superiore a euro 50.000. In altri termini, se dal calcolo proporzionale la somma dovesse risultare inferiore a 5.000 euro, la sanzione da irrogare dovrà essre sempre adeguata al minimo; su tale importo di 5.000 euro andranno applicati gli istituti delle diffida obbligatoria a regolarizzare e le riduzione dell’art. 16 sopra indicate.

 

 

Nuovo regime sanzionatorio

Le sanzioni amministrative pecuniarie per gli illeciti rientranti nella prima tipologia, sono articolate su tre fasce che prevedono misure minime e massime, e sono così determinate:

  1. da euro 5.000 a euro 10.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a euro 5.000;
  2. da euro 5.000 a euro 30.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a euro 20.000;
  3. da euro 10.000 a euro 50.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda superiore nel massimo a euro 20.000.

Il caso di reato di omesso versamento da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali e assistenziali a carico del lavoratore, ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis, della L. n. 683/1983, è penalmente sanzionabile con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032,91.

Il decreto in esame è intervenuto per depenalizzare tale sanzione, pertanto, ad oggi, si configurano due fattispecie di illecito:

  • un illecito di natura penale,
  • un illecito di natura amministrativa.

Precisamente:

  • se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000;
  • se l’importo omesso è un importo superiore a euro 10.000 annui, l’illecito è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032.

Nel primo caso, dunque, il reato si trasforma in un illecito amministrativo, mentre nel secondo caso non vi è alcuna depenalizzazione.

In merito all’elemento discriminante dei 10.000 euro per identificare l’illecito, l’Inps è intervenuta per precisare che l’arco temporale da considerare per il controllo sul corretto adempimento degli obblighi contributivi, è quello che intercorre tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre di ciascun anno (anno civile).

Tenuto conto delle singole scadenze legali degli adempimenti dovuti dai datori di lavoro, l’Inps precisa che i versamenti che concorrono alla determinazione della soglia di euro 10.000 annui sono:

 

  • quelli relativi al mese di dicembre dell’anno precedente all’annualità considerata (da versare entro il 16 gennaio)
  • fino a quelli relativi al mese di novembre dell’annualità considerata (da versare entro il 16 dicembre).

Prima di avviare il procedimento di contestazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, l’INPS è tenuto a porre un essere un processo di consuntivazione, necessario per la determinazione del valore complessivo dell’omissione.

Il Ministero del Lavoro precisa che il datore di lavoro/committente non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, se provvede al versamento entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

A riguardo il Ministero del Lavoro chiarisce che:

  • non risulta applicabile l’art. 13 del D.Lgs n. 124/2004 (diffida obbligatoria, ossia diffida alla regolarizzazione);
  • risultano applicabili gli art. 14 e 16 della Legge n. 689/1981 (procedura della notifica dell’illecito e ammissione al pagamento della sanzione in misura ridotta).

Il Collegato Lavoro ha esteso l’applicazione della disposizione anche all’omesso versamento  delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative iscritti all’apposita Gestione separata INPS.

Pertanto, l’Inps procede ad un’unica contestazione di violazione per ogni singola annualità considerata, comprensiva sia di omessi versamenti sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti che di omessi versamenti relativi ai collaboratori iscritti alla Gestione separata e indipendentemente dallo stato gestionale di ciascuna denuncia.

In caso di omesso versamento delle ritenute di importo superiore a euro 10.000 annui, entro 30 giorni dalla notifica della violazione, gli interessati potranno far pervenire, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 689/1981, scritti difensivi e documenti o fare richiesta di audizione.

Con l’atto di notifica verrà:

  • sia assegnato al datore di lavoro il termine di 3 mesi per il versamento delle ritenute omesse, che, ove effettuato nei termini previsti, costituisce causa di non assoggettabilità alla sanzione amministrativa dell’autore dell’illecito,
  • sia dato avviso che in assenza del versamento delle ritenute omesse troverà applicazione la sanzione amministrativa nella misura prevista da euro 10.000 a euro 50.000.

Con il medesimo atto verrà inoltre comunicato che, ai fini dell’estinzione del procedimento sanzionatorio, l’autore dell’illecito che non provveda al pagamento nel termine dei tre mesi assegnati, potrà versare, entro il termine dei successivi 60 giorni, l’importo della sanzione amministrativa quantificata nella misura ridotta ai sensi dell’art. 16 della legge n. 689/1981.

L’assenza del pagamento nei termini assegnati consentirà l’avvio del procedimento di emissione dell’ordinanza ingiunzione per l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.

Qualora l’omissione delle ritenute superi nel corso dell’annualità considerata l’importo di euro 10.000, seppure l’illecito assuma in tali casi rilevanza penale, si dovrà comunque attendere la conclusione dell’annualità di riferimento quale termine utile per procedere alla configurazione piena del reato.

 

Anche per questa fattispecie, con l’atto con il quale viene effettuata la notifica dell’avvenuto accertamento della violazione verrà assegnato al datore di lavoro il termine di 3 mesi per il versamento delle ritenute omesse. La regolarizzazione effettuata nei termini previsti costituisce causa di non punibilità.