Il decreto legislativo n. 148/2015 ha revisionato il sistema dei fondi di solidarietà, introdotti dalla Legge Fornero allo scopo di assicurare forme di tutela a sostegno del reddito dei lavoratori a quei settori per i quali, in presenza di crisi, non trova applicazione la normativa sulla integrazione salariale ordinaria e straordinaria, ma soltanto quella in deroga. Il sistema dei fondi di solidarietà prevede:
Fondi di solidarietà bilaterali
L’istituzione di tali fondi è obbligatoria per tutti i settori che non rientrano nel campo di applicazione della integrazione salariale ordinaria e straordinaria, in relazione ai datori di lavoro che, mediamente, occupano più di 5 dipendenti, compresi gli apprendisti (la Legge Fornero n. 92/2012 prevedeva “più di 15 dipendenti”). Questi fondi sono costituiti da appositi accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali, dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, ed istituiti presso l’Inps con decreto del Ministero del Lavoro entro 90 giorni dai suddetti accordi e contratti collettivi. Tale decreto, sulla base dell’accordo collettivo, determinerà:
– l’ambito di applicazione del Fondo con riferimento al settore;
– natura giuridica dei datori di lavoro;
– classe di ampiezza dei datori di lavoro, con verifica mensile del superamento della soglia dimensionale fissata per la partecipazione al fondo, avendo quale parametro di riferimento la media del semestre precedente;
– le aliquote di contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente, di due terzi e di un terzo.
Il trattamento integrativo, legato alla riduzione o sospensione dell’attività, interverrà per le causali previste in materia di integrazione ordinaria e straordinaria, ossia:
In relazione a tali causali i fondi assicurano la prestazione di un assegno ordinario di importo almeno pari all’integrazione salariale per una durata non inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e non superiore, a seconda della causale invocata, alle durate massime previste per le integrazioni salariali ordinarie e straordinarie e nel rispetto della durata massima complessiva prevista per le stesse.
Tutti i dipendenti sono destinatari degli interventi con la sola eccezione dei dirigenti, se non espressamente indicato.
Oltre al sostegno al reddito, i fondi possono avere altre finalità, quali:
Fondi di solidarietà bilaterali alternativi
In considerazione dell’operare di consolidati sistemi di bilateralità e delle peculiari esigenze, ai settori dell’artigianato e della somminstrazione di lavoro che alla data di entrata in vigore del decreto hanno adeguato le fonti normative e istitutive dei rispettivi fondi bilaterali, ovvero dei fondi interprofessionali, alle finalità di sostegno al reddito, si applica una particolare disciplina. Essi, infatti, devono essere in grado di assicurare, entro il 31 dicembre 2015, almeno una delle seguenti prestazioni:
Se l’adeguamento non avverrà entro la fine dell’anno, i datori di lavoro che, mediamente, occupano più di 5 dipendenti e che aderiscono a detti Fondi, confluiscono nel Fondo di integrazione salariale a partire dal 1° gennaio 2016 e potranno richiedere le prestazioni di integrazione per gli eventi di sospensione e riduzione del lavoro a far data dal 1° luglio successivo.
L’aliquota di contribuzione ordinaria destinata a tali fondi non dovrà essere inferiore allo 0,45% della retribuzione imponibile a fini previdenziali, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ripartita fra datore di lavoro e lavoratore secondo criteri che devono essere stabiliti da un accordo tra le parti sociali istitutive del fondo entro il 31 dicembre 2015, in difetto del quale i datori di lavoro aderenti, che occupano mediamente più di 5 dipendenti, confluiscono nel Fondo di integrazione salariale alle stesse condizioni precedentemente descritte.
Se esistente il fondo interprofessionale quota parte del contributo ad esso destinato si può far confluire al Fondo bilaterale alternativo.
Fondo di solidarietà residuale
Questo fondo, già disciplinato dalla Legge Fornero e istituito nel 2014, opera nei confronti dei settori e datori di lavoro con dimensione superiore ai 15 dipendenti, non rientranti nell’ambito normativo di applicazione della integrazione salariale, nei casi in cui non siano stati costituiti i fondi di solidarietà bilaterali.
Il decreto in esame prevede che qualora gli accordi collettivi per la costituzione dei Fondi di solidarietà bilaterali intervengano per datori di lavoro e settori già coperti dal Fondo residuale, dalla data di decorrenza dei nuovi Fondi i datori interessati non sono più sottoposti alla disciplina del Fondo residuale, fatte salve le delibere già intervenute. Tali Fondi debbono prevedere un’aliquota pari ad almeno lo 0,45% calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali e debbono garantire l’assegno ordinario. I contributi già versati o dovuti al Fondo residuale restano di competenza di quest’ultimo.
Il Fondo residuale assumerà dal 1° gennaio 2016 la denominazione “Fondo di integrazione salariale” e sarà soggetto alla nuova disciplina prevista dal decreto, di seguito descritta.
Fondo di integrazione salariale
Sono soggetti alla disciplina del fondo di integrazione salariale quei datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti, compresi gli apprendisti, appartenenti a quei settori non rientranti nel campo di applicazione della CIG e per i quali gli accordi e i contratti collettivi non hanno provveduto ad istituire i Fondi di solidarietà bilaterali o i Fondi di solidarietà bilaterali alternativi.
Il fondo di integrazione salariale, finanziato con i contributi dei datori di lavoro appartenenti al fondo e dei lavoratori da questi occupati, nella misura, rispettivamente, di due terzi e di un terzo, garantisce, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l’assegno di solidarietà. Si tratta di una integrazione salariale corrisposta, per un periodo massimo di 12 mesi in un biennio mobile, ai dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo: tale nuova prestazione sostituisce i contratti di solidarietà di tipo “B”, ossia quelli stipulati dalle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS.
Gli accordi collettivi debbono individuare i lavoratori interessati alla riduzione oraria che, come nel “normale” contratto di solidarietà difensivo, non può essere superiore al 60% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei soggetti interessati, con la possibilità, per ciascun lavoratore, di arrivare ad una riduzione del 70% nell’arco dell’intero periodo. L’assimilazione con il contratto di solidarietà del settore industriale prosegue con la sottolineatura che l’accordo collettivo deve specificare in che modo sia possibile soddisfare le esigenze di maggior lavoro, con un aumento dell’orario di lavoro e con la corrispondente riduzione dell’assegno di solidarietà che è determinato, in via generale, in misura pari all’80% della retribuzione che sarebbe spettata per le ore non corrisposte.
L’istanza deve essere inviata, in via telematica, all’INPS entro 7 giorni dalla conclusione dell’accordo che va allegato: la domanda deve contenere l’elenco nominativo dei lavoratori interessati alla riduzione, siglato dalle organizzazioni sindacali firmatarie e dall’imprenditore. Sull’INPS grava l’onere di inviare le informazioni ricevute ai centri per l’impiego ai fini delle attività di riqualificazione professionale anche per gli obblighi di “condizionalità” per la fruizione dell’assegno previsti dal decreto.
La riduzione dell’attività deve avvenire nei 30 giorni successivi alla presentazione della domanda: per il resto si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni, previste, in via generale, per le integrazioni salariali ordinarie.
I datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti possono richiedere l’assegno di solidarietà per gli eventi di sospensione o riduzione di lavoro verificatisi a decorrere dal 1° luglio 2016.
Nel caso di datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti, il fondo garantisce, per una durata massima di 26 settimane in un biennio mobile, l’ulteriore prestazione consistente nell’assegno ordinario, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie, ad esclusione delle intemperie stagionali, e straordinarie, limitatamente alle causali di riorganizzazione e crisi aziendale.
La struttura territoriale dell’INPS su cui insiste l’unità produttiva autorizza l’erogazione da parte del Fondo. L’autorizzazione è unica anche in caso di aziende pluri localizzate.
L’aliquota di contribuzione è pari:
Disposizioni generali
Le disposizioni generali descritte nella precedente circolare per le integrazioni salariali ordinarie e straordinarie, si applicano anche ai fondi di solidarietà. In particolare:
Cordiali saluti.
Luigi Birtolo