L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la Circolare n. 2 del 7 novembre 2016 è intervenuta per fornire i primi chiarimenti operativi in materia di sistemi di geolocalizzazione in seguito alle modifiche apportate dal decreto sulle Semplificazioni n. 151/2015 all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori che disciplina i controlli a distanza dell’attività lavorativa.
Come noto, il comma 1 dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori in origine prevedeva espressamente il divieto dell’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità esclusiva di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Il controllo era ammesso soltanto quando lo stesso costituiva una diretta e necessaria conseguenza della installazione di impianti o altre apparecchiature, richiesta da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro.
Sussistendo questi requisiti, prima della installazione degli impianti occorreva raggiungere preventivamente un accordo con le organizzazioni sindacali e, soltanto in caso di mancato accordo, era possibile richiedere l’autorizzazione amministrativa all’Ispettorato del lavoro.
A seguito della riforma è venuta meno l’operatività del divieto legata alla finalità esclusiva del controllo della prestazione lavorativa attraverso l’installazione di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature; infatti, il nuovo art. 4 stabilisce che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali possa “anche” derivare la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e, inoltre, per la tutela del patrimonio aziendale, in precedenza non menzionata.
Sono i c.d. controlli difensivi, la cui legittimità era stata ammessa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ed ora accolta a livello normativo, in presenza di condotte illecite del lavoratore, purché siano tutelati i diritti fondamentali della dignità e della riservatezza dello stesso.
Pertanto, se il controllo dei beni aziendali coinvolge comporta il controllo del lavoratore, il datore di lavoro deve rispettare i vincoli previsti dall’articolo 4 (accordo con le rappresentanze sindacali, in mancanza dell’accordo autorizzazione amministrativa rilasciata dalla direzione territoriale del lavoro su istanza del datore di lavoro, divieto di controlli occulti, etc.).
La riforma del D.Lgs. n. 151/2015 ha introdotto una utile semplificazione volta ad alleggerire il peso burocratico degli accordi da raggiungere da parte di imprese che abbiano più unità produttive dislocate sul territorio, in diverse province o regioni.
In tali ipotesi l’accordo deve essere raggiunto con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e la subordinata autorizzazione amministrativa deve essere richiesta al Ministero del lavoro. In tal modo si dovrebbe evitare che una stessa impresa presente su più territori, a parità di condizioni, giunga ad accordi diversi, o non giunga ad alcun accordo, determinandosi in tal modo disparità di trattamento.
Novità rilevanti sono state introdotte ai commi 2 e 3 dell’art. 4. Precisamente il comma 2 prevede delle eccezioni al regime generale che impone, in via preventiva all’installazione, l’accordo sindacale o, in mancanza, l’autorizzazione amministrativa, stabilendo che:
“La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”.
Il successivo comma 3 prevede invece che:
“Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
Al riguardo, la circolare citata dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, fornendo indicazioni operative sulla utilizzazione di impianti di geolocalizzazione (GPS), chiarisce la portata della norma e, quindi, dell’area di applicazione della regola generale prevista dal comma 1, facendo riferimento agli “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”.
L’INL, infatti, parte dal concetto secondo il quale sono da considerarsi strumenti di lavoro quegli apparecchi, dispositivi, apparati e congegni che costituiscono il mezzo indispensabile al lavoratore per adempiere la prestazione lavorativa dedotta in contratto, e che per tale finalità siano stati posti in uso e messi a sua disposizione.
Ciò premesso, in termini generali l’INL ritiene che i sistemi di geolocalizzazione rappresentino un elemento “aggiunto” agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa ma per rispondere ad esigenze ulteriori di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la sicurezza del lavoro.
Ne consegue che, in tali casi, la fattispecie rientri nel campo di applicazione di cui al comma 1 dell’art.4 L. n. 300/1970 e pertanto le relative apparecchiature possono essere installate solo previo accordo stipulato con la rappresentanza sindacale ovvero, in assenza di tale accordo, previa autorizzazione da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Tuttavia l’INL evidenzia che solo in casi del tutto particolari si può ritenere che tali sistemi di geolocalizzazione finiscano per “trasformarsi” in veri e propri strumenti di lavoro e pertanto si possa prescindere, ai sensi di cui al comma 2 dell’art. 4 della L. n. 300/1970, sia dall’intervento della contrattazione collettiva che dal procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsti dalla legge, e precisamentequando:
Pertanto, in una considerazione più generale, per gli strumenti forniti da un datore di lavoro al lavoratore per lo svolgimento della sua prestazione quali computer, telefoni, tablet, smartphone, non è applicabile l’obbligo di accordo sindacale o della istanza di autorizzazione alla DTL.
Non solo, in base a quanto disposto dal comma 3, le informazioni raccolte “sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”: ciò, naturalmente, non consente un controllo indiscriminato in quanto i dati raccolti attraverso la strumentazione aziendale devono essere trattati nel rispetto del D. Lgs. n. 196/2003.
È necessario, dunque, che al lavoratore sia data da parte del datore di lavoro adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e della effettuazione dei controlli, in osservanza al c.d. “Codice della privacy” al fine di contemperare le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore, in considerazione, soprattutto, della evoluzione tecnologica che hanno mutato le modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro.