CERTIFICATI MEDICI DI INFORTUNIO E MALATTIA PROFESSIONALE ON LINE E IL CRUSCOTTO INFORTUNI
07/12/2016
LA LEGGE DI BILANCIO 2017 E LE NOVITA’ IN MATERIA DI LAVORO
05/01/2017

La Legge n. 225 del 1° dicembre 2016, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 193/2016 (c.d. decreto fiscale), all’art. 7-quinquies fornisce una interpretazione autentica volta a delineare i confini tra i concetti di trasferta e trasfertismo.

La possibilità di richiedere al lavoratore lo svolgimento della prestazione lavorativa in un luogo diverso dalla sede abituale indicata nel contratto rientra nei poteri organizzativi del datore di lavoro, al fine di soddisfare l’interesse aziendale. Si parla in questo caso di trasferta, in quanto l’elemento che caratterizza lo svolgimento della prestazione di lavoro in un luogo che non sia quello abituale è la temporaneità ed occasionalità di tale esigenza.

Il lavoratore in trasferta si distingue dal trasfertista proprio in relazione all’elemento temporale e spaziale della sua prestazione. Quest’ultimo, infatti, svolge abitualmente la propria attività lavorativa in sedi di lavoro sempre diverse, sempre nell’interesse del datore di lavoro, con carattere, dunque, di continuità.

Queste distinzioni non derivano da definizioni normative esplicite, ma indirettamente dalla natura e dal trattamento fiscale delle somme corrisposte dal datore di lavoro rinvenibili nel T.U.I.R all’art. 51, nonchè dalle interpretazioni giurisprudenziali e dai chiarimenti di prassi da parte della Agenzia delle Entrate e dell’Inps, tra essi, in talune fattispecie, di direzione opposta.

Per il “disagio” che la trasferta reca al lavoratore, la somma corrisposta ha una funzione restitutoria in quanto vengono rimborsate le spese sostenute.

La disciplina relativa al regime fiscale delle trasferte per il dipendente è contenuta nell’art. 51, co. 5 del TUIR che prevede due fattispecie, riconducibili ad un criterio oggettivo, ossia quello territoriale:

  • trasferte nell’ambito del territorio comunale,
  • trasferte fuori del territorio comunale.

Trasferte nell’ambito del territorio comunale

Al riguardo la disposizione prevede che le indennità o i rimborsi di spese ricevuti siano oggetto di tassazione in quanto componenti di reddito da lavoro dipendente. Unica eccezione sono i rimborsi per spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore (taxi, biglietto ferroviario, autobus ecc.); a tal fine è necessario che dalla documentazione interna risulti in quale giorno l’attività del dipendente sia stata svolta all’esterno della sede di lavoro.

Trasferte fuori del territorio comunale

Per trasferte effettuate fuori dal comune, la tassazione dei relativi rimborsi di spese e indennità varia in base al sistema di rimborso:

  • nel caso di sistema analitico o rimborso a piè di lista sono:
  • totalmente esenti le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto (documentate);
  • esenti fino a euro 15,49 al giorno (elevati a euro 25,82 al giorno per trasferte all’estero) altre spese, anche non documentabili (analiticamente attestate dal dipendente quali, ad esempio, lavanderia, parcheggio[1], telefono, mance, depositi bagagli, ecc.).
  • nel caso di sistema forfetario:
  • l’indennità corrisposta è esente fino a euro 46,48 al giorno (elevati a euro 77,47 al giorno per trasferta all’estero) al netto delle spese di viaggio e trasporto documentate che non concorrono, quindi, a formare il reddito;
  • nel caso di sistema misto che preveda:
  • indennità forfetaria con rimborso a piè di lista o fornitura gratuita del vitto o dell’alloggio, il limite precedente è ridotto di un terzo, pertanto l’indennità è esente fino a euro 30,99 al giorno (elevati a 51,65 al giorno per trasferta all’estero);
  • indennità forfetaria con rimborso a piè di lista o fornitura gratuita sia delle spese di vitto che di alloggio, il limite si riduce di due terzi, pertanto l’indennità è esente fino a euro 15,49 al giorno (elevati a 25,82 al giorno per trasferta all’estero).

I rimborsi analitici per spese di viaggio e di trasporto, purché debitamente documentati, non concorrono, anche in tale sistema, alla formazione della base imponibile del reddito.

Si comprende, dunque, l’importanza di individuare la sede di lavoro abituale del dipendente nella lettera di assunzione e che può essere identificata con il territorio comunale presso cui è ubicata la sede dell’impresa e presso cui il lavoratore opera (sede principale, sede secondaria, filiale, ecc).

Diversamente, per il lavoratore trasfertista, in considerazione della non occasionalità del cambio di sede per lo svolgimento della prestazione lavorativa e quindi del maggior disagio che ciò comporta, le somme ad esso corrisposte hanno il carattere di remunerazione, ma sono sottoposte ad un regime fiscale agevolato. Infatti, il comma 6 dell’art. 51 del TUIR stabilisce che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, concorrono a formare il reddito nella misura del 50% del loro ammontare.

Il comma 6, inoltre, prevede che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, possono essere individuate categorie di lavoratori e condizioni di applicabilità della disposizione. Quest’ultima previsione è rimasta sostanzialmente disattesa lasciando un labile confine tra i due ambiti di applicazione. Ciò ha portato impropriamente ad applicare i regimi fiscali sopra indicati, e purtroppo, gli orientamenti ed interpretazioni non hanno avuto un senso univoco.

L’art. 7-quinquies della Legge n. 225 del 1° dicembre 2016 interviene per fissare dei criteri ai fini di una corretta individuazione delle fattispecie sopra descritte stabilendo che il comma 6 dell’art. 51 del TUIR:

si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi dettata sono quelli per i quali sono presenti contestualmente le seguenti condizioni:               
a) la mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione della sede di lavoro;
b) lo svolgimento di una attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;
c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuiti senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.
Ai lavoratori cui, a seguito della mancata contestuale presenza delle condizioni di cui al comma 1, non si renda applicabile la disposizione di cui al comma 6 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del suddetto articolo 51“.

Tale norma è in vigore dal 2 dicembre 2016 ed essendo retroattiva incide sui procedimenti ispettivi, amministrativi e giudiziali in corso in base ai quali la fattispecie della trasferta, e quindi il relativo regime fiscale, è stata ricondotta a quella del “trasfertismo” per il quale è prevista la tassazione agevolata del 50%, in virtù di una interpretazione giurisprudenziale, anche della Cassazione, avallata dagli organi di vigilanza dell’INPS e del Ministero del Lavoro. Pertanto dal 2 dicembre 2016 si applicherà il regime agevolato previsto per i trasfertisti soltanto in presenza congiunta delle condizioni previste dall’art. 7-quinques.

[1] Le spese per il parcheggio dell’autovettura così come i pedaggi autostradali dovrebbero essere assimilate alle spese di viaggio.