OBBLIGHI DEL LAVORATORE IN CASO DI RIDUZIONE DEL PERIODO DI MALATTIA E RIENTRO ANTICIPATO AL LAVORO

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La trasmissione telematica del certificato di malattia da parte dei medici curanti permette di realizzare un flusso informativo certo e veloce sullo stato di incapacità temporanea al lavoro dei soggetti interessati. Questo flusso telematico, pertanto, consente di ottenere in tempo reale informazioni utili:

  • da parte dell’Inps, ai fini del riconoscimento delle prestazioni previdenziali nei confronti dei lavoratori in malattia;
  • da parte dei datori di lavoro, i quali, mediante i servizi on line messi a disposizione dall’Inps stesso, possono conoscere tempestivamente le informazioni circa la durata e la natura della malattia dei propri dipendenti e gestirne gli aspetti retributivi e previdenziali.

Si comprende, dunque, quanto sia importante che gli stessi medici curanti osservino l’obbligo della trasmissione telematica, obbligo la cui inosservanza costituisce non solo una violazione della normativa vigente ma anche un illecito disciplinare, fatti salvi i casi, naturalmente, di impedimenti tecnici di trasmissione che costringono il medico al rilascio del certificato cartaceo, con conseguente obbligo in capo al lavoratore di far recapitare al proprio datore di lavoro il certificato che lo riguarda.

Con un recente intervento l’Inps ha fornito importanti indicazioni riguardo agli obblighi, per il lavoratore ed il datore di lavoro, in caso di riduzione del periodo di prognosi riportato nel certificato di malattia in quanto, spesso, non si provvede alla rettifica del certificato medico in corso.

Prognosi riportata nel certificato

L’Inps, innanzitutto, sottolinea che tutte le informazioni contenute nel certificato telematico, rivestono peculiare e specifica importanza e fra queste, in modo ancora più particolare, la data di fine prognosi che, in assenza di ulteriore certificazione, costituisce il termine ultimo ai fini dell’erogazione della prestazione economica di malattia. Dal punto di vista più tecnico, ossia quello del medico certificatore che, in base al suo giudizio, formula la diagnosi, tale data costituisce una “previsione” sul decorso clinico e sull’esito dello stato patologico riportato in diagnosi. Pertanto, sulla base del decorso più lento o più rapido dell’evento morboso, la data di fine prognosi è suscettibile rispettivamente di un prolungamento o di una riduzione del periodo previsto.

Nell’ipotesi di un prolungamento dello stato di malattia, il lavoratore provvede diligentemente all’obbligo di farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione, solo a fronte dei quali è possibile, sul piano previdenziale, il riconoscimento, per l’ulteriore periodo di incapacità temporanea al lavoro, della tutela per malattia.

Allo stesso modo, nel caso di una guarigione anticipata, l’interessato è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro.

Al riguardo l’Inps evidenzia che tale comportamento non costituisce a tutt’oggi una prassi seguita dalla generalità dei lavoratori e conseguentemente ha fornito alcune indicazioni sulla base della normativa vigente che di seguito esponiamo.

Obblighi del lavoratore e del datore di lavoro

L’Ente previdenziale precisa che in caso di guarigione anticipata il lavoratore ha l’obbligo di rettificare la data di fine prognosi, obbligo che ha nei confronti sia del  datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps considerato che, mediante la semplice presentazione del certificato di malattia e senza necessità di ulteriore domanda, al lavoratore viene riconosciuta la prestazione previdenziale a carico dell’Istituto.

Più precisamente:

  • il datore di lavoro, in presenza di un certificato medico ancora in corso, non potrà consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa; ai sensi della normativa sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro, infatti, il datore di lavoro si impegna ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro;
  • il lavoratore ha l’obbligo di prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro; ne consegue che il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata;
  • il lavoratore è tenuto a garantire la massima collaborazione e correttezza verso l’Istituto previdenziale che, a fronte della presentazione del certificato di malattia, anche se in modalità telematica da parte del proprio medico curante, si obbliga in presenza di tutti i requisiti normativamente previsti a riconoscere la relativa indennità economica.

La rettifica deve essere richiesta allo stesso medico che aveva redatto il certificato con la prognosi più lunga e deve essere tempestiva, cioè è necessario che intervenga prima del rientro anticipato al lavoro, ciò anche nel caso in cui il medico si trovi nella condizione di dover utilizzare il servizio di Contact Center per la presentazione dei certificati di malattia on line. Il medico curante che ha redatto il certificato apporterà la rettifica richiamando il certificato medesimo, immettendo nel flusso telematico l’informazione che verrà così acquisita e utilizzata ai propri fini istituzionali dall’Inps. A sua volta l’Istituto la mette a disposizione dei datori di lavoro mediante i servizi on line disponibili sul proprio sito.

Nei casi di residuali certificati redatti per causa di forza maggiore in modalità cartacea, il lavoratore dovrà farsi rilasciare apposito certificato di fine prognosi che dovrà essere inviato immediatamente all’Inps e al datore di lavoro.

Provvedimenti sanzionatori

In assenza di rettifica del certificato di malattia a seguito di riduzione del periodo di prognosi, è possibile che l’Inps venga a conoscenza del rientro anticipato al lavoro del dipendente in malattia in occasione di visite di controllo domiciliare disposte d’ufficio, a fronte evidentemente del consenso del datore di lavoro.

Al riguardo l’Inps evidenzia come tale comportamento determini delle conseguenze sanzionatorie, in quanto, nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa,

verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella seguente misura:

  • 100% dell’indennità per massimo 10 giorni, in caso di prima assenza;
  • 50% dell’indennità nel restante periodo di malattia, in caso di 2° assenza;
  • 100% dell’indennità dalla data della 3° assenza.

Al riguardo l’Inps precisa che la la sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa che viene, pertanto, considerata una dichiarazione di fatto della fine della prognosi originariamente certificata.

Comunque, il lavoratore non trovato alla visita di controllo domiciliare ed invitato a visita ambulatoriale, dovrà ugualmente produrre una dichiarazione attestante la ripresa dell’attività lavorativa.

Cordiali saluti.

Luigi Birtolo