ATTIVITA’ RESE DAI COLLABORATORI FAMILIARI E RELATIVI OBBLIGHI CONTRIBUTIVI E ASSICURATIVI

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L’imprenditore individuale o associato dei settori dell’artigianato e del commercio può avvalersi della collaborazione dei propri familiari nello svolgimento della propria attività senza la necessità di dover assolvere gli obblighi contributivi Inps, a condizione che le prestazioni rese dagli stessi abbiano natura meramente occasionale.

Nella maggior parte dei casi, la collaborazione prestata dai familiari, intendendosi per tali il coniuge, i parenti e gli affini entro il terzo grado, si basa su un legame solidaristico ed affettivo in virtù del quale non si prevede la corresponsione di un compenso. Tale circostanza contribuisce a determinare in molti casi la natura occasionale della prestazione lavorativa, così da escludere l’obbligo di iscrizione presso l’Inps in capo al familiare.

Il Ministero del lavoro al riguardo ha fornito delle indicazioni in ordine ai criteri da seguire per la individuazione della occasionalità e gratuità delle collaborazioni rese da parte dei familiari ai fini della loro esclusione dall’assoggettamento alla contribuzione Inps e dalla riconduzione alla fattispecie della subordinazione.

Secondo il Ministero del Lavoro le collaborazioni rese da familiari pensionati verosimilmente non garantiscono al titolare o socio dell’impresa un impegno continuativo per diverse ragioni, quali, ad esempio, la scarsa volontà di impegnarsi in un’attività nuova, la scelta di dedicarsi ad altri progetti, la volontà di dedicarsi alla cura del contesto familiare, pertanto, sono da ritenersi limitate ed occasionali e quindi tali da escludere l’obbligo contributivo Inps e la riconduzione alla fattispecie della subordinazione.

Analoghe conclusioni il Ministero adotta nell’ipotesi di prestazioni svolte da parte di familiari già impegnati full time presso altro datore di lavoro, considerata la residuale e limitata disponibilità di tempo per poter espletare altre attività aventi carattere di prevalenza e continuità presso l’azienda del familiare. In entrambi i casi, dunque, la collaborazione si “presume” occasionale e gratuita, presunzione che richiede da parte del personale ispettivo la dimostrazione della prova contraria attraverso idonea documentazione probatoria.

Per tutte le altre ipotesi, il Ministero ha fornito un parametro di natura quantitativa di tipo convenzionale al fine di configurare come occasionale la collaborazione prestata dal familiare, utilizzando come riferimento il criterio già previsto per le imprese artigiane all’art. 21 comma 6 ter D.L. n. 269/2003. Tale norma stabilisce che gli imprenditori artigiani iscritti nei relativi albi provinciali possono avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente, di collaborazioni occasionali di parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente, per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore a 90 giorni, che siano rese a titolo di mero aiuto, senza corresponsione alcuna di compensi e nel caso di temporanea impossibilità dell’imprenditore artigiano all’espletamento della propria attività lavorativa.

Il Ministero del Lavoro, pertanto, ritiene che il limite quantitativo dei 90 giorni si possa ragionevolmente applicare anche al settore del commercio, limite da intendersi frazionabile in 720 ore nel corso dell’anno solare.

Nel caso di superamento dei 90 giorni, il limite quantitativo si considera comunque rispettato anche laddove l’attività resa dal familiare si svolga soltanto per qualche ora al giorno, fermo restando il tetto massimo delle 720 ore annue.

Trattandosi di parametro esclusivamente orientativo, il Ministero del Lavoro ha precisato che non si ritiene necessario, ai fini del rispetto dello stesso, che l’attività del collaboratore venga svolta “in sostituzione” del titolare o socio dell’azienda, potendosi riscontrare la genuinità della occasionalità della prestazione del familiare a prescindere dalla contestuale presenza del titolare nei locali dell’azienda ove impegnato in altre attività.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha, inoltre, precisato che tale criterio può risultare utile anche in relazione alle attività stagionali del settore turistico, nel qual caso occorre riparametrarlo in funzione della durata effettiva della attività stagionale; quindi, per una durata stagionale ad esempio di tre mesi il limite quantitativo si riduce a 22 giorni (90 : 365 x 90).

Per quanto attiene al vincolo di parentela, oltre il coniuge, sono da considerarsi i parenti e gli affini entro il terzo grado.

Precisamente sono parenti:

  • 1° grado: genitori e figli;
  • 2° grado: nonni, fratelli e sorelle, nipoti (figli dei figli);
  • 3° grado: bisnonni, zii, nipoti (figli di fratelli e sorelle), pronipoti (figli dei nipoti di secondo grado).

Invece, sono affini:

  • 1° grado: suoceri;
  • 2° grado: nonni del coniuge, cognati;
  • 3° grado: bisnonni del coniuge, zii del coniuge, nipoti (figli dei cognati).

L’ispettorato precisa che, in riferimento agli obblighi contributivi Inail dei collaboratori familiari nei settori dell’artigianato e del commercio, trattandosi di obbligo assicurativo notoriamente più stringente, restano valide le precisazioni fornite in merito dal Ministero del lavoro per cui gli obblighi assicurativi sussistono ogni volta in cui la prestazione sia ricorrente e non meramente accidentale. A tali fini, le prestazioni possono definirsi non ricorrenti qualora siano rese 1-2 volte al mese, purché in un anno non siano superate le 10 giornate lavorative.

Pertanto, se l’attività viene prestata per più di 10 giorni l’anno l’iscrizione Inail è obbligatoria.