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Il panorama normativo della sicurezza sul lavoro ha recentemente registrato un’evoluzione di primaria rilevanza con l’entrata in vigore del Decreto-legge 31 ottobre 2025, n. 159, che ha introdotto modifiche sostanziali al D.Lgs. 81/2008, ampliandone significativamente la portata culturale e operativa. Questo intervento normativo rappresenta un momento di svolta nella concezione stessa della sicurezza lavorativa, segnando il passaggio da una visione tradizionalmente incentrata sulla tutela dell’integrità fisica a una prospettiva più ampia che abbraccia integralmente la dimensione psicologica e relazionale del benessere lavorativo.

Il decreto ha operato una trasformazione paradigmatica introducendo per la prima volta nel nostro ordinamento il riconoscimento esplicito che la salute del lavoratore non può essere circoscritta alla sola integrità fisica, ma deve necessariamente comprendere anche le dimensioni psicologica e relazionale della persona. Questa evoluzione concettuale trova la sua espressione più significativa nella modifica dell’articolo 15 del Testo Unico, al quale è stata aggiunta la nuova lettera z-bis, che impone espressamente “la programmazione di misure di prevenzione di condotte violente o moleste nei confronti dei lavoratori”.

Questa innovazione normativa colloca la prevenzione delle condotte violente o moleste sullo stesso piano dei rischi tradizionali, conferendo loro pari dignità e rilevanza nell’ambito del sistema prevenzionistico aziendale nella quale la dignità personale diventa elemento costitutivo e imprescindibile dell’ambiente di lavoro sano e conforme alle esigenze della società contemporanea. Il rischio di violenza e molestia entra infatti a pieno titolo nel perimetro obbligatorio della prevenzione aziendale, con la conseguenza che tale rischio dovrà essere sistematicamente analizzato e gestito all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi, prevedendo strategie organizzative e formative specificamente mirate.

Per comprendere appieno la portata innovativa del decreto, è fondamentale chiarire cosa debba intendersi per “molestia” nell’ambito lavorativo, attingendo anche al consolidato orientamento giurisprudenziale che ha progressivamente delineato i contorni di questa fattispecie. Le molestie si configurano come quei comportamenti indesiderati, anche di natura verbale, gestuale o non verbale, che hanno lo scopo o l’effetto di ledere la dignità della persona, di creare un clima intimidatorio, degradante o ostile, o di esercitare una forma di pressione indebita o abuso di potere.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la nozione di molestia sul luogo di lavoro risulta integrata dal carattere indesiderato della condotta, anche in assenza di effettive aggressioni fisiche a contenuto sessuale, essendo la tutela fondata sull’oggettività del comportamento tenuto e dell’effetto prodotto, quindi “integra molestia sessuale sul luogo di lavoro la condotta del lavoratore che, in modo indesiderato e senza alcuna relazione personale preesistente, ponga in essere comportamenti a connotazione sessuale che violino la dignità della lavoratrice”.

Tale definizione mette in luce come le molestie rappresentino una violazione diretta dell’integrità psicologica e della serenità del lavoratore, con conseguenze che possono tradursi in stress, ansia, isolamento e riduzione dell’efficienza lavorativa. È proprio questa connessione tra molestia e benessere psicofisico a motivare la scelta del legislatore di ricondurre il fenomeno nell’alveo della sicurezza sul lavoro, riconoscendo che un ambiente ostile aumenta il rischio di errori, compromette la concentrazione e indebolisce le dinamiche collaborative essenziali per la prevenzione degli infortuni.

La ratio dell’intervento normativo trova la sua giustificazione più profonda nel riconoscimento del nesso causale esistente tra comportamenti molesti e compromissione del sistema di sicurezza aziendale. Un ambiente caratterizzato da violenze o molestie non solo lede direttamente la dignità e il benessere dei lavoratori coinvolti, ma produce effetti sistemici che si ripercuotono sull’intera organizzazione lavorativa.

 

La vittima di comportamenti molesti può infatti adottare atteggiamenti difensivi, come l’isolamento o la reticenza nel segnalare situazioni pericolose, che influiscono negativamente sull’intero sistema di sicurezza aziendale. Inoltre, la presenza di dinamiche relazionali “tossiche” compromette la comunicazione efficace, elemento fondamentale per la prevenzione degli infortuni, e può generare stati di stress e distrazione che aumentano esponenzialmente il rischio di incidenti sul lavoro.

Il datore di lavoro, informato di comportamenti molesti di natura sessuale posti in essere da un dipendente o collaboratore nei confronti di altro lavoratore, è tenuto, ai sensi dell’art. 2087 c.c., ad adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità morale del prestatore di lavoro. Come chiarito dalla Cassazione, “l’obbligo previsto dall’art. 2087 cod. civ., che impone al datore di lavoro di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, non è limitato al rispetto della legislazione tipica della prevenzione, ma implica anche il divieto di comportamenti

Il decreto introduce inoltre significative innovazioni nella dimensione formativa, prevedendo che la formazione in materia di salute e sicurezza sia tracciata nel fascicolo elettronico del lavoratore, come stabilito dall’articolo 37 del D.Lgs. 81/2008. Questa previsione garantisce continuità, trasparenza e l’obbligo di monitoraggio  dell’adempimento formativo, consentendo una verifica puntuale dell’effettiva acquisizione delle competenze necessarie per prevenire e gestire situazioni di violenza o molestia.

La tracciabilità della formazione assume particolare rilevanza in questo contesto, poiché la prevenzione delle molestie richiede non solo la trasmissione di conoscenze tecniche, ma anche lo sviluppo di competenze relazionali e di una sensibilità etica che permetta di riconoscere e contrastare comportamenti inappropriati. La formazione deve quindi essere concepita come un processo continuo di crescita culturale che coinvolga tutti i livelli dell’organizzazione aziendale, dai dirigenti ai lavoratori, creando una consapevolezza diffusa dell’importanza del rispetto reciproco e della dignità personale.

Contestualmente alle modifiche sostanziali, il decreto prevede l’intensificazione delle attività ispettive, con l’obiettivo di assicurare che le nuove misure trovino applicazione concreta nelle organizzazioni, verificando peraltro la presenza di procedure specifiche per la segnalazione e la gestione di episodi di violenza o molestia, garantendo canali di comunicazione sicuri e riservati che incoraggino le vittime a denunciare i comportamenti subiti senza timore di ritorsioni.

Particolare attenzione dovrà essere prestata alla formazione dei dirigenti e dei preposti, che si trovano in prima linea nella gestione delle relazioni interpersonali e nella prevenzione di comportamenti inappropriati, oltremodo inoltre necessario sviluppare protocolli di intervento che sappiano bilanciare l’esigenza di tutelare le vittime con quella di garantire un giusto processo a chi viene accusato di comportamenti molesti, evitando sia la sottovalutazione dei fenomeni che la loro strumentalizzazione.

I consulenti dello Studio sono a disposizione per ogni chiarimento utile.


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