La Corte di cassazione, con ordinanza n. 24911 del 2025, è entrata nel merito di applicazione dell’articolo 26 del D.Lgs. n. 151/2015, correggendo il precedente orientamento ministeriale che aveva escluso per il periodo di prova, l’obbligo di trasmissione telematica delle dimissioni da parte del lavoratore.
Come noto, il patto di prova costituisce uno strumento con cui le parti – in fase di assunzione – concordano che l’instaurazione definitiva del rapporto di lavoro sia subordinata a un periodo di valutazione congiunta, funzionale al lavoratore per valutare l’ambiente lavorativo e le mansioni affidategli, nonchè al datore di lavoro di accertare non solo le competenze tecniche del prestatore, ma anche la sua attitudine a integrarsi nel contesto organizzativo e relazionale dell’azienda. Durante tale periodo, pertanto, entrambe le parti possono recedere liberamente dal contratto, senza obbligo di motivazione, senza preavviso e senza corresponsione della relativa indennità sostitutiva.
In materia di dimissioni, la normativa introdotta dall’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015, in vigore dal 12 marzo 2016, ha stabilito l’obbligo per i lavoratori dipendenti di presentare le dimissioni – nonché le risoluzioni consensuali – esclusivamente mediante l’utilizzo dell’apposita procedura telematica resa disponibile dal Ministero del Lavoro. Tale obbligo risponde all’esigenza di contrastare il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”, assicurando una maggiore trasparenza e tracciabilità nella gestione del recesso unilaterale del lavoratore. La norma prevede espressamente alcune ipotesi di esclusione dall’obbligo telematico dell’invio delle dimissioni, tra cui il lavoro domestico, i recessi formalizzati presso le sedi protette previste dall’art. 2113, comma 4, del codice civile, nonché le dimissioni (o risoluzioni consensuali) presentate da lavoratrici madri in gravidanza o da genitori nei primi tre anni di vita del bambino che devono essere convalidate presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Già con la circolare n. 12 del marzo 2016, il Ministero del Lavoro aveva interpretato in senso estensivo le esclusioni previste dalla norma, affermando che anche le dimissioni rassegnate nel corso del periodo di prova non fossero soggette alla procedura telematica, in virtù della particolare libertà di recesso che caratterizza tale fase del rapporto. Tuttavia, tale lettura è stata recentemente disconosciuta dalla Corte di Cassazione.
Con l’ordinanza n. 24911/2025, la Suprema Corte ha infatti affermato che le esclusioni indicate dall’articolo 26 sono di natura tassativa e, pertanto, non è consentito estenderle in via interpretativa ad altre ipotesi non previste dalla norma. In particolare, la Corte ha evidenziato che le circolari ministeriali – pur essendo strumenti utili a orientare l’azione amministrativa – non hanno valore normativo e non possono introdurre deroghe rispetto al dettato legislativo. Pertanto, anche le dimissioni rassegnate durante il periodo di prova devono essere trasmesse mediante la procedura telematica ministeriale, a pena di inefficacia.
Un ulteriore aspetto rilevante emerso dalla pronuncia riguarda la possibilità, anche in tale contesto, di revoca delle dimissioni da parte del lavoratore entro sette giorni dalla comunicazione. Secondo quanto chiarito dalla Corte, qualora la revoca venga esercitata nei termini previsti, il rapporto di lavoro riprende efficacia e continua il suo decorso all’interno del periodo di prova, senza pregiudicare la facoltà del datore di recedere successivamente, nei limiti e con le modalità previste dal patto. Viene così confermato che le finalità della disciplina sulle dimissioni telematiche – orientate alla tutela della volontarietà e consapevolezza del recesso – operano anche nel contesto di un rapporto non ancora consolidato.
Alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene opportuno che le aziende prestino particolare attenzione alla corretta gestione delle dimissioni rassegnate nel corso del periodo di prova.
In particolare, si raccomanda di accertarsi che tali atti siano sempre formalizzati attraverso la piattaforma telematica del Ministero del Lavoro e di tenere conto della possibilità che il lavoratore possa esercitare il diritto di revoca entro i termini stabiliti.
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