Con il decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015 il Governo ha introdotto una disciplina organica dei contratti di lavoro le cui disposizioni sono di seguito analizzate.
Prima di esaminare le singole tipologie contrattuali, si evidenzia che il decreto riconosce centralità al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, reso peraltro più conveniente rispetto agli altri tipi di rapporto da altri interventi normativi (si pensi, ad esempio, all’introduzione del contratto a tutele crescenti e, in via sperimentale per il 2015, dell’esonero contributivo triennale).
Il nuovo testo normativo interviene sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo parziale contenuta nel D.Lgs n. 61/2000, che a decorrere dal 25 giugno 2015 risulta abrogato. Si ricorda che si considera a tempo parziale il rapporto di lavoro con orario inferiore a quello normale fissato in 40 ore settimanali, ovvero, al minore orario eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva.
Secondo la precedente disciplina il rapporto di lavoro a tempo parziale, in relazione alla distribuzione dell’orario di lavoro, poteva configurarsi come segue:
In luogo di tale elencazione la nuova disposizione prevede che nel contratto di lavoro a tempo parziale, di cui si conferma la forma scritta, sia contenuta la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Si ritiene pertanto che, analogamente al passato, il rapporto di lavoro a tempo parziale possa essere caratterizzato da una riduzione dell’orario di lavoro giornaliero rispetto a quello normale, ovvero, dallo svolgimento della prestazione lavorativa a tempo pieno in alcuni predeterminati periodi dell’anno, del mese o della settimana, ovvero, dalla combinazione tra le predette modalità.
Nell’ipotesi in cui l’organizzazione del lavoro sia articolata in turni, il decreto prevede che l’indicazione puntuale nel contratto della durata e della distribuzione dell’orario possa avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite.
Riguardo all’ipotesi di mancata o imprecisa indicazione nel contratto della collocazione temporale della prestazione lavorativa, viene confermata la possibilità per il lavoratore di richiedere che la suddetta collocazione venga definita in giudizio, invece, viene meno il rinvio, in via principale, a quanto previsto in merito dalla contrattazione collettiva.
Il decreto conferma la facoltà del datore di lavoro di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, mentre sono stati definiti i limiti e le modalità con cui, in assenza di previsioni nel Ccnl applicato, il datore di lavoro possa chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare, ossia, in misura non superiore al 25% dell’orario settimanale concordato e con una maggiorazione del 15% della retribuzione, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.
È consentito il lavoro straordinario.
Posta la soppressione delle tipologie di part-time, è stato previsto il ricorso ad un’unica tipologia di clausola (elastica) comprendente sia le variazioni della collocazione della prestazione, a parità di durata, sia le variazioni in aumento della prestazione concordate nell’accordo individuale.
Le parti possono pattuire clausole elastiche nel rispetto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva.
È introdotta una disciplina legale operante nel caso in cui il contratto collettivo applicato non contenga una specifica regolamentazione delle clausole elastiche.
Viene pertanto prevista la possibilità di stipulare un accordo scritto avanti alle commissioni di certificazione che dovrà indicare:
Viene, infine, ampliata la platea di lavoratori ai quali è consentito revocare il consenso al lavoro elastico: è prevista la possibilità di revocare il consenso anche da parte dei lavoratori affetti da gravi patologie croniche degenerative.
Viene meno la necessità di informare le RSA, ove esistenti, con cadenza annuale, sull’andamento delle assunzioni a tempo parziale, la relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare.
Viene ampliata la platea di lavoratori ai quali è consentita la trasformazione del proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. In particolare, è previsto:
È prevista la facoltà dichiedere, in luogo del congedo parentale spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale
Relativamente alle tipologie di rapporto di lavoro parasubordinato, la novità sicuramente di maggior rilievo è l’abrogazione, a decorrere dal 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del decreto in esame, della disciplina riguardante le collaborazioni di lavoro a progetto e di lavoro occasionale, che continuerà ad applicarsi esclusivamente ai contratti già in essere alla data sopra indicata.
Nello specifico, la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa non dovrà più rispettare i requisti della presenza di uno specifico progetto, funzionalmente collegato a un determinato risultato finale, e degli altri requisiti previsti dalla abrogata disciplina che avevano la finalità di contrastare un uso improprio dell’istituto contrattuale (durata determinata o determinabile, criteri di fissazione del compenso, non mera riproposizione dell’oggetto sociale, compiti non meramente ripetitivi o esecutivi).
Se pur nell’ambito di confini più stretti rispetto a quelli che concede l’articolo 409 del codice di procedura civile, che definisce rapporti di collaborazione quelli che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato, sarà, comunque, possibile ricorrere alle collaborazioni coordinate e continuative.
Tale possibilità si evince dalla previsione di una presunzione di subordinazione, a far data dal 1° gennaio 2016, che si applicherà ai rapporti di collaborazione non genuini, ossia, quelle che si concretizzeranno in prestazioni di lavoro “esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”, ossia soggette al potere direttivo ed organizzativo del datore di lavoro. La legge non specifica il concetto del carattere “esclusivamente personale”, per cui si auspica un intervento di chiarimento da parte del Ministero del Lavoro.
Secondo le nuove disposizioni, l’applicazione dei suddetti indicatori di subordinazione trova eccezione nei seguenti casi espressamente previsti dal decreto, e cioè:
Per le parti (collaboratore e committente) è prevista la possibilità di richiedere alle commissioni di certificazione (art.76 d.lgs. n. 276/2003) che venga certificata l’assenza dei suddetti indicatori che fanno scattare la presunzione di subordinazione. Dalla certificazione deriva l’impossibilità per i terzi di contestare la qualificazione del rapporto.
Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale, cui aderisce o conferisce mandato, o da un avvocato o da un consulente del lavoro; in questo caso la norma conferma l’affidabilità della categoria dei consulenti del lavoro nel ruolo di terzietà.
La norma di stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, e di persone titolari di partita IVA.
A decorrere dal 1° gennaio 2016 i datori dilavoro privati che procedono alla assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione, anche a progetto, o di soggetti titolari di partita IVA con cui abbiano intrattenuto rapporti di lavoro autonomo, godono di un beneficio consistente nella estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente alla assunzione.
Tuttavia, il datore di lavoro può godere di tale beneficio a condizione:
Il nuovo testo normativo non si discosta in maniera significativa da quello contenuto nel D.Lgs n. 276/2003 e successive modifiche.
Viene, innanzitutto, confermato che il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato, a tempo determinato o indeterminato, a fronte di ipotesi oggettive e soggettive così riassumibili:
Nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale circa l’individuazione dei casi di utilizzo del lavoro intermittente, in assenza di contrattazione collettiva rimane in essere la possibilità di stipulare contratti di lavoro intermittente sulla base delle attività contenute nella tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923.
Nel caso in cui il lavoratore si sia obbligato contrattualmente a dare la propria disponibilità ricevendo la relativa indennità, resta confermato che il rifiuto ingiustificato da parte dello stesso di rispondere alla chiamata del datore di lavoro può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto.
Mentre, rispetto alla previgente disciplina contenuta nel D.Lgs n. 276/2003, non c’è più alcun richiamo alla possibilità di richiedere un congruo risarcimento del danno al lavoratore che non risponde alla chiamata senza giustificato motivo.
Il decreto riprende la disciplina contenuta nel D.Lgs n. 368/2001, che viene abrogato ad eccezione delle disposizioni relative al trasporto aereo ed ai servizi aeroportuali, la cui eliminazione è rinviata al 1° gennaio 2017.
Rispetto alla regolamentazione previgente sono apportati alcuni aggiustamenti e precisazioni relativamente ai seguenti ambiti.
Riguardo i limiti quantitativi, stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, alla instaurazione di rapporti di lavoro a termine, è stabilito quanto segue:
La durata massima in caso di successione di contratti a termine tra le stesse parti viene confermata in 36 mesi, ma ai fini del conteggio si fa ora riferimento allo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e non più alle mansioni equivalenti.
É confermata la possibilità di derogare alla tetto dei 36 mesi stipulando un ulteriore contratto fra gli stessi soggetti presso la DTL; questo nuovo contratto potrà avere una durata massima di 12 mesi, pertanto, non si rinvia più alla durata stabilita da avvisi comuni delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Inoltre, per la stipula di tale contratto in deroga non è più obbligatoria l’assistenza al lavoratore di un rappresentante sindacale.
Riguardo la proroga, ammessa fino a 5 volte, è ora espressamente previsto che il contratto va considerato a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga.
In materia è stata eliminata la possibilità di derogare, mediante accordi sindacali, al divieto di assunzione a tempo determinato presso unità produttive nelle quali si è proceduto a licenziamenti collettivi nei 6 mesi antecedenti l’assunzione.
La individuazione delle attività stagionali, ai fini della non applicazione di talune disposizioni, avverrà con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, allo scopo di aggiornare quelle individuate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 al quale viene fatto rinvio in attesa di emanzione del suddetto decreto. Vengono, comunque, fatte salve le ipotesi individuate dai contratti collettivi.
È stabilito che la manifestazione della volontà da parte del lavoratore di avvalersi del diritto di precedenza avvenga per iscritto.
Eliminato l’obbligo di fornire al lavoratore a tempo determinato una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro. Invariata, invece, la facoltà per i contratti collettivi di prevedere modalità e strumenti diretti ad agevolare l’accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale.
Il criterio di computo dei lavoratori, che resta invariato e che è basato sul numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro, rileva adesso ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale, salvo che sia diversamente disposto.
Nel corpo della disciplina sul contratto a termine è inserito un articolo dedicato ai casi di dacadenza e tutele, rinvenibile anche nella Legge. 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro), riguardante il riconoscimento al lavoratore, in caso di conversione di un contratto a termine in contratto a tempo indeterminato a seguito di una pronuncia del giudice, di una indennità onnicomprensiva. Al riguardo l’articolo recepisce una interpretazione autentica da parte della Legge n. 92/2012 (Legge Fornero) in base alla quale l’indennità è onnicomprensiva poiché ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento del giudice con cui ricostituisce il rapporto di lavoro.
Il nuovo decreto riprende, con alcune modifiche, la disciplina contenuta nel D.Lgs n. 167/2011 (Testo Unico dell’apprendistato), che viene abrogato.
Si precisa che il contratto è stipulato in forma scritta ai fini della prova.
L’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale viene ridenominato “apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore”, mentre il contratto di apprendistato professionalizzante perde l’accezione di “contratto di mestiere”.
Di seguito le novità per ciascuna tipologia di apprendistato.
Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
È stato ampliato l’insieme dei titoli di studio che possono essere conseguiti con tale tipologia di apprendistato che ora comprende, oltre alla qualifica ed al diploma professionale, anche il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
È strutturato in modo da coniugare la formazione effettuata in azienda con l’istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative che operano nell’ambito dei sistemi regionali di istruzione e formazione. Il piano formativo individuale è predisposto dall’istituzione formativa di provenienza con il coinvolgimento dell’impresa.
I contratti di apprendistato per la qualifica possono essere stipulati con giovani che hanno compiuto i 15 anni di età e fino al compimento dei 25 anni, a partire anche dal secondo anno dei percorsi di istruzione secondaria superiore, per l’acquisizione, oltre che del diploma di istruzione secondaria superiore, di ulteriori competenze tecnico-professionali rispetto a quelle già previste dai vigenti regolamenti scolastici, utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore.
È introdotta la possibilità di proroga fino ad un anno del contratto di apprendistato (che ha durata di tre anni ovvero quattro nel caso di diploma quadriennale professionale), al fine di:
La regolamentazione dell’apprendistato per la qualifica continua a spettare alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano nell’ambito dei sistemi regionali di istruzione e formazione, nel rispetto degli standard professionali e formativi che saranno delineati da un apposito decreto interministeriale.
Tuttavia, in assenza della predetta regolamentazione, l’attivazione di tale tipologia di apprendistato è rimessa al Ministero del Lavoro che ne disciplina l’esercizio con propri decreti.
Il decreto interministeriale stabilirà:
In merito all’apprendistato che si svolge nell’ambito del sistema di istruzione e formazione professionale regionale, viene previsto che la formazione esterna all’azienda si svolga nell’istituzione formativa cui è iscritto lo studente e non possa essere superiore al:
In merito alla retribuzione delle ore di formazione viene stabilito (analoga norma è contenuta nell’apprendistato di alta formazione e ricerca) che, in assenza di disciplina contrattuale, per le ore svolte:
Apprendistato professionalizzante
In assenza di diversi limiti fissati dai contratti collettivi nazionali di lavoro, viene mantenuta soltanto per questa tipologia di apprendistato la disposizione che prevede una clausola di stabilizzazione legale nella misura del 20%, con riferimento ai datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti.
Apprendistato di alta formazione e ricerca
Rispetto alla precedente formulazione non è più prevista la possibilità di stipulare contratti di alta formazione per il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Tale possibilità è ora incanalata all’interno del contratto di apprendistato per la qualifica. In tal senso non è più prevista la possibilità di stipulare contratti di alta formazione e ricerca con giovani di 17 anni di età in possesso di qualifica professionale conseguita ai sensi del D.Lgs n. 226/2005.
Interessati all’apprendistato di alta formazione e ricerca sono i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni in possesso di diploma:
– di istruzione secondaria superiore o
– professionale conseguito nei percorsi di istruzione e formazione professionale integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo.
L’iter da seguire per l’avvio dei contratti di apprendistato sarà definito con apposito decreto interministeriale.
In ogni caso, sino all’emanazione del predetto decreto e all’adeguamento delle discipline regionali, i contratti di apprendistato potranno trovare applicazione con riferimento alle regolazioni vigenti.
Apprendistato con lavoratori in mobilità o in stato di disoccupazione
La possibilità di instaurare un rapporto di apprendistato con i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità, espulsi dai processi produttivi, al fine di consentire la riqualificazione professionale degli stessi o al fine del conseguimento di una nuova qualificazione professionale, è estesa anche ai beneficiari di un trattamento di disoccupazione. In entrambi i casi viene esplicitato che non ci sono limiti all’assunzione di tali lavoratori legati all’età degli stessi.
Il decreto amplia moderatamente la possibilità di ricorrere al lavoro accessorio, aumentando da euro 5.000,00 a euro 7.000,00, rispetto alla totalità dei committenti, l’ammontare massimo che il lavoratore può guadagnare annualmente, fermo restano che i committenti imprenditori o professionisti possono acquisire con voucher le prestazioni di un lavoratore per non più di euro 2.000,00. In attesa di specifico decreto, è stabilito che il valore orario del voucher è di 10,00 euro.
Viene resa strutturale la misura che era stata prevista in via sperimentale per gli anni 2013 e 2014, cioè quella che consente ai percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito di svolgere prestazioni di lavoro accessorio, nel limite di 3.000,00 euro per anno civile (dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno) anziché, come in precedenza, nell’anno solare.
L’acquisto dei voucher da parte dei committenti imprenditori o professionisti potrà avvenire solo mediante “modalità telematiche”, mentre gli altri committenti potranno acquistare i buoni lavoro anche presso le altre rivendite autorizzate (sedi INPS, uffici postali, sportelli bancari e tabaccai autorizzati). Inoltre, i soli committenti imprenditori o professionisti devono comunicare preventivamente alla DTL, sempre in modalità telematica, ivi compresi sms e posta elettronica, i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, il luogo della prestazione lavorativa con riferimento ad un arco temporale non superiore ai 30 giorni successivi.
Fino al 31 dicembre 2015 resta ferma la previgente disciplina per l’utilizzo dei voucher già richiesti alla data di entrata in vigore del decreto, ossia prima del 25 giugno 2015.
La riscrittura del 2° comma dell’art. 2549 del c.c. esclude la fattispecie dell’associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro da quelle ammissibili nel caso in cui l’associato risulti essere persona fisica. Di conseguenza sono abrogate le disposizioni del suddetto articolo riguardanti i limiti numerici degli associati in partecipazione che potevano apportare lavoro e le esclusioni derivanti dall’applicazione di tali limiti, che la Legge Fornero aveva introdotto per: le imprese a scopo mutualistico; gli associati (di società cooperative) individuati mediante elezione dall’organo assembleare il cui contratto sia certificato; il rapporto fra produttori e artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione di registrazioni sonore, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento.
Viene altresì precisato dal Legislatore che i contratti di associazione in partecipazione in atto al 25 giugno 2015 dovranno essere considerati legittimi fino alla data della loro scadenza, anche se relativi all’apporto di solo lavoro da parte dell’associato.
viii. Somministrazione di lavoro
Il decreto riproduce in buona parte la disciplina precedente della somministrazione, abrogando alcune disposizioni ed inserendone altre.
La principale novità riguarda lo “staff leasing”, ossia la somministrazione a tempo indeterminato, in quanto:
Per la somministrazione a tempo determinato, il legislatore conferma i limiti quantitativi previsti dalla contrattazione collettiva, ora di qualsiasi livello, applicata dall’utilizzatore.
Eliminata la possibilità di superare il divieto, attraverso accordi sindacali, di attivare un contratto di somministrazione se si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi o cassa integrazione anche in deroga, o solidarietà, che riguardino stesse mansioni cui si riferisce il contratto, a meno che le attività lavorative (mansioni) oggetto della somministrazione siano diverse e solo nel caso di licenziamenti collettivi, il contratto abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi.
Infine, in considerazione delle nuove disposizioni, il decreto in esame prevede: