L’idea che la gestione delle diversità delle persone all’interno dei luoghi di lavoro possa costituire un fattore rilevante per il successo aziendale, ha portato ad uno sviluppo negli anni delle politiche di diversity management, nate originariamente in America sulla spinta della questione razziale
Il diversity management è quell’insieme di azioni strategiche di inclusione lavorativa volte a valorizzare la diversità all’interno di un ambiente di lavoro, sia essa di genere, di orientamento sessuale, di origini etniche, di età, di cultura, di abilità fisiche, ecc. La risorsa umana viene posta al centro dell’attenzione delle metodologie organizzative volte a riconoscere, rispettare, valorizzare ed integrare le diversità delle persone, tenendo conto anche dei loro bisogni, nonché a potenziarne la crescita attraverso la motivazione e lo sviluppo delle capacità. Questo approccio organizzativo strategico, se adeguatamente implementato, agevola il raggiungimento degli obiettivi specifici che l’azienda si pone: miglioramento dei risultati in termini di competitività, di produttività ed anche di immagine.
Il processo di implementazione, che coinvolge tutti gli stakeholders collegati al contesto lavorativo (dipendenti, direzione, clienti, fornitori, istituzioni, società…), è un impegno notevole in quanto richiede non solo, a livello organizzativo, una attenta analisi della realtà aziendale per una pianificazione equa, efficiente ed efficace delle azioni da metter in campo per integrare le diversità, ma soprattutto un cambiamento culturale in quanto il fenomeno del diversity management inevitabilmente coinvolge esseri umani e relazioni sociali. I mutamenti del tessuto sociale hanno modificato radicalmente anche il mercato del lavoro caratterizzato da una forza lavoro variegata; è noto che le persone tendono a favorire e promuovere coloro che sono simili a loro, secondo un processo psicologico di polarizzazione (denominato in-group), che rafforza gli stereotipi e i pregiudizi. Il diversity management, pertanto, richiede da parte dei soggetti coinvolti un ampliamento della visione della società, nonché il riconoscimento e l’accettazione dell’esistenza di diversità fra le persone.
Uno dei motivi principali alla base dell’intrapresa di politiche di diversity management è proprio quello di migliorare il clima aziendale per i vantaggi che ne possono derivare a livello di produzione e di competitività nel mercato. Ad esempio, azioni dirette a migliorare le relazioni tra colleghi e a ridurre le tensioni che possono derivare da pregiudizi o incomprensioni, rafforzando la motivazione del singolo rendendolo più partecipe al processo produttivo, riconoscendogli i risultati, offrendogli percorsi di crescita professionale o venendo incontro ad esigenze specifiche, portano a migliorare l’identificazione del dipendente con la realtà aziendale di cui fa parte, a motivarlo nell’impegnarsi meglio e di più, a ridurre l’assenteismo e il turn-over.
Scelte efficaci di diversity management per la soluzione di specifiche problematiche richiedono dunque, in maniera propedeutica, non solo l’analisi dei motivi e delle situazioni che inducono a programmare un siffatto intervento, ma anche l’analisi delle condizioni necessarie per sostenere le azioni legate a tali scelte, ossia disponibilità di risorse economiche e finanziarie, temporali, tecniche oltre che, naturalmente, di persone coinvolte nella realizzazione del piano di azione, tenendo ben presenti gli obiettivi primari dell’azienda.
Su esempio di altri Paesi europei, anche l’Italia ha iniziato il suo cammino verso il diversity management con l’adozione nel 2009 di una Carta della diversità nazionale: “Carta per le pari opportunità e l’uguaglianza sul lavoro”.
La Carta è presentata come uno strumento gestionale, utile alle organizzazioni non solo per ragioni di lotta alle discriminazioni, ma come mezzo per ottenere vantaggi economici migliorando la competitività delle imprese e per affrontare al meglio le trasformazioni della società. La Carta ha la funzione di semplice guida per i soggetti aderenti, imprese e pubbliche amministrazioni, pertanto, non sono elencate delle precise disposizioni da seguire ma vengono date delle indicazioni utili a capire come intraprendere un intervento di gestione delle diversità. Le indicazioni suggerite per implementare piani di diversity management sono le seguenti:
In base alla dimensione della diversità che una azienda decide di gestire gli interventi possono essere:
In linea generale, le macro aree di intervento del diversity management riguardano: genere, età, orientamento sessuale, disabilità e origini etniche.
Politiche a favore delle Pari Opportunità di genere sono state intraprese non solo da parte delle istituzione ma anche delle imprese, dirette soprattutto al sostegno della conciliazione casalavoro (work-life balance), in linea col retaggio culturale che vede ancora la donna principale responsabile della cura dei familiari e della gestione della casa, e verso una maggiore flessibilità durante il periodo della maternità. Accanto a tali interventi, un orientamento al diversity management dovrebbe garantire anche una paritaria considerazione della donna nei compiti lavorativi e durante tutto il percorso professionale, consentendole di accedere a posizioni professionali di alto livello e a trattamenti salariali uguali ai colleghi maschi a parità di mansioni.
2. Età
L’innalzamento dell’età pensionabile porta a una serie di cambiamenti all’interno delle imprese, legati sia a problemi di incompatibilità con alcune mansioni come quelle che richiedono lavoro fisico, sia a dinamiche relazionali tra generazioni molto diverse tra loro, che si trovano a condividere lo stesso ambiente professionale, in un contesto sempre più interessato da innovazione e competitività. Tramite percorsi formativi adeguati e pratiche di trasferimento intergenerazionale delle conoscenze e competenze con attività di mentoring, tutoring e coaching tra colleghi, è possibile garantire a ciascuno le giuste opportunità di crescita nell’ambiente di lavoro.
3. Orientamento sessuale
Le pratiche volte a favorire un ambiente di non discriminazione in base alle preferenze sessuali e alle identità di genere e un riconoscimento della libera espressione dei propri dipendenti sono tra le meno attuate. Una nota catena italiana di alimentari di qualità, poco prima che venisse approvata la legge n. 76/2016 sulle unioni civili, aveva introdotto il congedo matrimoniale anche per le coppie omosessuali, oltre ai permessi per i lutti familiari e buoni spesa.
4. Disabilità
Il diversity management, in tal caso, deve andare oltre il mero assolvimento di un obbligo normativo ed accompagnare il disabile lungo un percorso di empowerment professionale, volto ad incrementare l’autostima e le proprie competenze lavorative, contribuendo così ad offrire le potenzialità della persona disabile come opportunità per l’organizzazione. Non tutte le disabilità sono uguali e le loro tipologie incidono sulla instaurazione delle relazioni umane nel contesto lavorativo e sulla conseguente integrazione dei lavoratori con disabilità. In questo ambito, il disability manager è una figura molto utile per agevolare, in generale, la relazione tra un’organizzazione aziendale e la persona con disabilità, in quanto adotta un approccio trasversale, che prevede sia una gestione dell’ambiente fisico, da strutturare in base alle specifiche esigenze della persona, sia nella gestione in primis di questa in un percorso di inclusione lavorativa che conduce la persona disabile a sentirsi parte importante della organizzazione, ciò sia nel caso in cui la persona abbia una disabilità al momento dell’assunzione, sia nel caso in cui la disabilità si manifesti in seguito, a causa di malattie o infortuni (di origine lavorativa o extralavorativa).
5. Origini culturali
Conflitti relazionali a causa di atteggiamenti ostili razzisti, bassa considerazione delle loro capacità e difficoltà comunicative per mancanza di conoscenza della lingua manifestano una condizione spesso di marginalità ed esclusione dei lavoratori con origini etniche differenti. Nella prassi di diversity management dedicata a gestire le relazioni tra più culture all’interno delle dinamiche della realtà aziendale si cerca di combattere la tendenza all’etnocentrismo organizzativo che tende a favorire negli incarichi e nelle decisioni i dipendenti che appartengono alla cultura dominante. Promuovere una cultura aziendale cooperativa, multiculturale, comprensiva e rispettosa dei particolari bisogni del personale straniero, contribuirebbe invece ad incrementare la ricchezza di potenziale interno e a creare innovazione ed inclusione.