In via sperimentale, per il periodo compreso tra il 1° marzo 2015 e il 30 giugno 2018, la Legge di Stabilità 2015 ha previsto la possibilità per il lavoratore dipendente di ottenere in busta paga, dal proprio datore di lavoro presso il quale è in forza da almeno 6 mesi, la quota maturata a titolo di TFR, al netto del contributo dello 0,50% IVS, compresa quella eventualmente destinata ad una forma pensionistica complementare.
La quota di TFR liquidata mensilmente al lavoratore costituisce parte integrativa della retribuzione: è assoggettata a tassazione ordinaria mentre non costituisce imponibile previdenziale.
Restano esclusi, oltre ai lavoratori domestici, i dipendenti da aziende sottoposte a procedure concorsuali e da aziende dichiarate in crisi di cui all’art. 4, L. N. 297/1982 (aziende in crisi occupazionale).
L’erogazione mensile della quota di TFR risulta essere una facoltà per il lavoratore, il quale, dunque, è libero di decidere in tal senso, mentre risulta un obbligo per il datore di lavoro nell’ipotesi in cui il lavoratore eserciti tale facoltà.
Nel caso in cui la facoltà non sia esercitata dal lavoratore, il TFR continua ad essere accantonato (in azienda o presso il Fondo Tesoreria INPS nel caso di azienda con più di 49 addetti ovvero presso la forma di previdenza complementare) e liquidato secondo le ordinarie modalità e scadenze.
Qualora il lavoratore scelga di manifestare la volontà suddetta, non potrà revocarla fino al 30 giugno 2018.
Le quote di TFR pregresse, ossia quelle maturate precedentemente alla scelta del lavoratore, continueranno a rimanere assoggettate alla disciplina contenuta nell’art. 2120 c.c., nonchè a tassazione separata secondo le regole contenute nell’art. 19 del TUIR.
In attesa del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che definisca le modalità e i termini per esercitare la scelta in questione, si ritiene che la manifestazione di volontà debba risultare da atto scritto. Si è predisposto a tal fine un fac-simile di richiesta che, se non verrà previsto un modello ministeriale ad hoc, potrebbe essere il seguente:
Fac simile
RICHIESTA DI LIQUIDAZIONE MENSILE DELLA QUOTA MATURANDA DI TFR Ai sensi dell’art. 1, comma 756-bis, Legge n. 296/2006 come modificato dall’art. 1, comma 21, Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015)
Io sottoscritto____________________________,dipendente dell’azienda____________________ in relazione alle disposizioni contenute nell’art. 1, comma 756-bis della Legge n. 296/2006, come introdotto dall’art. 1, comma 21, della Legge di Stabilità 2015, avendo in essere il rapporto di lavoro con codesta azienda da almeno 6 mesi, chiedo di percepire, a decorrere dal periodo di paga in corso, la quota maturanda del trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c., al netto del contributo dello 0,50% IVS (di cui all’art. 3, ultimo comma, Legge n. 297/1982), compresa quella eventualemente destinata ad una forma pensionistica complementare, tramite liquidazione diretta mensile della medesima quota maturanda come parte integrativa della retribuzione.
A tal fine, dichiaro di essere consapevole del fatto che □ la scelta da me esercitata sarà irrevocabile fino al 30 giugno 2018, □ le quote percepite mensilmente saranno decurtate dal TFR che mi sarà liquidato alla cessazione del rapporto di lavoro.
Cordiali saluti
Luogo e data
_____________, ________________
Firma
______________________________
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Dal punto di vista fiscale il TFR erogato mensilmente:
Dal punto di vista previdenziale le quote di TFR liquidate mensilmente non costituiscono imponibile previdenziale.
La Legge di Stabilità 2015 ha introdotto delle misure per agevolare i datori di lavoro con meno di 50 addetti che potrebbero avere problemi di copertura finanziaria nel dover erogare mensilmente il TFR ai lavoratori che ne abbiano fatta richiesta. È previsto, infatti, che tali datori di lavoro possono finanziare le erogazioni mensili delle quote di TFR maturande accedendo a specifici prestiti bancari, siglati con istituti aderenti ad apposito accordo-quadro, ai quali vengono applicati tassi di interesse non superiori a quelli della rivalutazione del TFR stesso (vale a dire 1,5% + 7,5% dell’incremento dell’indice dei prezzi al cosumo per le famiglie di operai ed impiegati relativo all’anno precedente) e supportati da garanzia da parte di uno specifico fondo istituito presso l’INPS e, in ultima battuta, dallo Stato.
Il fondo è alimentato da un contributo mensile, a carico dei datori di lavoro che accedono a tale sistema di finanziamento, dello 0,2% calcolato sugli imponibili previdenziali e al netto del contributo dello 0,50% IVS.
Al fine di accedere ai finanziamenti, i datori di lavoro devono tempestivamente richiedere all’INPS apposita certificazione del trattamento di fine rapporto maturato in relazione ai montanti retributivi dichiarati per ciascun lavoratore. Sulla base delle certificazioni tempestivamente rilasciate dall’INPS, il datore di lavoro può presentare richiesta di finanziamento presso una delle banche o degli intermediari finanziari che aderiscono all’apposito accordo-quadro, da stipulare tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Associazione Bancaria Italiana.
Le imprese che, invece, corrisponderanno le quote mensili di TFR con risorse proprie, ossia senza ricorso al credito agevolato, beneficeranno di misure compensative previste dall’art. 10, D. Lgs n. 252/2005 in relazione alla previdenza complementare. Tali misure sono riconsciute alle suddette imprese indipendentemente dalla dimensione aziendale (meno di 50 addetti ovvero più di 49 dipendenti).
Nello specifico, si tratta di:
Distinti saluti.